Avevo più o meno l'età che ha adesso mio figlio...
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A volte, ci sono delle cose che ti vengono dette e sono così lampanti che non ti accorgi della loro ovvietà... Come dire, per nascondere bene qualcosa devi metterla sotto gli occhi di tutti. Qualche giorno fa, discutendo come sempre dei tempi in cui eravamo bambini felici, e cercando di trovare un motivo a tanta struggente nostalgia di quel periodo, mio cugino ha detto: "Secondo me, è mancato che quel periodo si chiudesse come avrebbe dovuto". Queste parole mi hanno lasciato interdetto. Aveva ragione, chiaramente. Per voi che leggete non è chiaro, ma per me si. Cercherò di farvici arrivare, senza rivangare del tutto certi eventi che sono passati e che preferisco non ricordare. Sappiate solo che ad un certo punto sono successe delle cose che portarono all'allontanamento delle nostre famiglie, fino ad allora sempre unite. Fu così che io e mio cugino, cresciuti insieme, improvvisamente ci trovammo ad essere separati e non ci vedemmo più per parecchio. Successe in un momento già molto difficile nella vita di ognuno di noi, ovvero quando stai passando dall'infanzia all'adolescenza. Forse non me ne resi subito conto, ma per me fu un colpo terribile. Persi in un attimo il mio compagno di giochi e di esperienze, quello che prese il posto dei fratelli che non avevo mai avuto..., dovetti "crescere" da solo. Proprio da qui nasce il ragionamento di mio cugino. Se non ci fossimo mai separati, saremmo passati dall'essere bambini all'essere adolescenti insieme, avremmo cambiato insieme i nostri interessi, avremmo fatto altre cose, e probabilmente ad oggi avremmo ricordato i tempi da bambini con una nostalgia più dolce, che amara. Invece, quel passaggio non ci fu. E' come se nessuno avesse mai chiuso il capitolo "bambino", è stato come se ci avessero strappato dai nostri giochi, che invece di fare da soli il loro tempo ed esaurirsi, fossero rimasti in un limbo in attesa di essere finiti in modo naturale... e non è successo. Ed ecco il significato profondo di quella frase: "Secondo me, è mancato che quel periodo si chiudesse come avrebbe dovuto". Una verità dalla luce quasi accecante. Oggi siamo adulti e da tempo ci siamo ritrovati, ma quei bambini che all'epoca vennero separati sono ancora lì, da qualche parte...
Sì, vojo tornà bambino, proprio quanno ero piccolo piccolo, quanno non guardavo l'orologgio, perché non ce l'avevo ancora, e non me serviva, e era sempre presto. Vojo tornà bambino, quanno al bar, in punta de piedi davanti al frigo, pensavo e ripensavo co' sentimento a quale gelato sceje. O a quanno passavo le giornate senza fretta, a fa quer che volevo, senza disturbi, senza rumori de fonno.
Vojo tornà bambino, la domenica mattina, dar giornalaro a scejeme un fumetto, o ‘n pasticceria le pastarelle pel pranzo tutti assieme. E vojo tornà bambino, vojo tornà a core dietro a ‘n pallone, senza fiato, senza paura, senza risparmiamme mai. Vojo tornà a giramme pe cercà l'occhi de mi padre dopo ‘n gol all'urtimo minuto, vojo tornà a rubà dalla scodella dell'ospiti le olive ascolane bollenti. Vojo tornà bambino, quanno l'uniche donne ereno mi madre e mi nonna, quando l'unico amore vero era pe ‘l volpino che tirava via li fiori der giardino. Vojo tornà a dimenticamme le cose, a potemmelo permette, a potè avè sempre ‘n'artra possibilità. Sempre una. Senza sentì mai che è l'urtima vorta che potrei fa quarcosa, vedé quarcuno, o piagne, o ride, o giocà a pallone. Vojo tornà a esse solo fijo, senza preoccupamme de cresce bene nessuno. Vojo tornà a essere solo io, senza tutta ‘sta gente, qua dentro, che vole avé raggione, che vole avella vinta. Vojo tornà a avé il tempo de sbajà, ad aveccene così tanto che pare eterno. Vojo tornà a avecce quella cosa bella che se dimentica de avecce avuto e se continua a rincore pe' tutta la vita: la serenità. Vojo tornà a non dové pe' forza chiede favori a quarcuno, a non dové pe' forza lottà ogni giorno co' quarcuno pe' sentimme rispettato. Vojo che il rispetto sia naturale. Vojo che er rispetto me sia insegnato de novo, che forse non l'ho capito, che forse non lo riconosco più in mezzo a tutto ‘sto casino. ‘Ndo sta? Vojo dimenticà er valore materiale delle cose, e mantené quell'illusione da regazzino de potemme permette tutto, e sempre, persino de poté fa ‘nnammorà de me tutte le donne der monno, e de esse er più simpatico, er più cretino, er più matto. Vojo tornà bambino, quanno pensavo de potemme sbizzarì a sceje quello che fa nella vita, perché ero sicuro de esse capace de fallo bene, de fallo come cristo comanna. Vojo pensà de poté fa cazzate in eterno e rimediacce, male che va, giusto ‘no sganassone, manco troppo forte. Vojo tornà a rilegge le parole che ho già letto, a riscrive quelle che ho già scritto. Una a una. Vojo riprovà da capo tutte le emozioni che ho provato, imparalle mejo. Imparalle a memoria. Vojo potelle ripete a tutti quelli che le vonno ascortà. Perché so' io, so' propio io quelle emozioni là. Vojo tornà a discute pe' le cazzate, pe' le figurine rubate, pe' la bicicletta che casca a tera, pe' le bucie dette pe' paura de diventà grossi de botto. Ma vojo tornà a fa pace co' ‘na carezza, con ‘n giocattolo prestato co' tutto er core, co' le lacrime di chi ha capito de potè sbajà, chiede scusa, e non se sente sbajato. Invece lo vedete che avemo combinato? Non semo più capaci de sta ‘nsieme. Semo appuntiti. Vicini sì, ma mai attaccati. Complicamo li rapporti come pe' divertimento, pensando de esse noi er centro der monno, pensando de esse noi, sortanto noi, quelli che ponno sempre falle tutte, e esse perdonati. Dimo de sì, ma mica semo ‘nnamorati. Semo quarcosa de simile ai marinai, viaggiamo dapertutto, e non se semo mai fermati. Chiamamo casa tutti i porti, ma dentro semo già ripartiti. Disturbamo, ma non volemo esse disturbati. E poi vojo provà paura pe' qualcosa, no come oggi, che non c'avemo più paura de gnente. Che se sentimo immortali, che se dimenticamo de vive li giorni perché pensamo de aveccene eterni. Vojo provà paura pe' quarcosa, quello che ve pare, scejetelo voi: basta che me date quarcuno da strigne forte, da strigne ar petto, che quella paura me ‘a faccia passà. E me vojo fidà. Cacchio, me vojo fidà. Come alle feste de paese, quanno ce se dava l'appuntamento. Robbè se se perdemo ‘n mezzo a tutto ‘sto casino se vedemo sotto a ‘sto palo. Hai capito? Me raccomanno. Se non ce vedi più, viè qua e aspetta. E lo sapevo io che staveno là, c'avrei giocato ‘na mano, c'avrei giocato ‘na gamba. E me sentivo libero de annà, propio perché sapevo de potemme perde. E quanto me fanno ‘ncazzà quelli che te dicono: vojo tornà bambino, sì, ma co' la capoccia da adurto. Ma che state a dì? Er bello de esse bambini è propio non aveccela ancora ‘sta capoccia da omini! è propio sperà de non arivà a aveccela mai. Bisogna capì come fa pe' rimanè regazzini, pe' vive ‘n mezzo ai lupi e rimanè agnellini. Se potrà fa? Che dite? Se potrà fa? Roberto Pallocca Credo che il mio concetto di felicità si sia fermato a circa 40 anni fa, quando alle ore 18.00 sull'allora rete 2 trasmettevano "Buonasera con..." e subito dopo "Atlas Ufo Robot". Non avevo bisogno di altro per concludere sorridendo le mie giornate di bambino...
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