Cerco sempre di riportare alla mente ciò che ha popolato la mia vita di bambino. Ovviamente, come penso sia per molti, i miei ricordi vanno alla casa dove ho vissuto con i miei genitori e, finchè ha vissuto, con mia nonna materna.
Non parlo quindi degli ultimi anni, in cui i miei ristrutturarono casa e cambiarono i mobili, ma di molto prima, tra gli anni 70 e 80... La cucina era spartana, composta da una piccola credenza sulla sinistra rispetto alla porta d'entrata, 4 fornelli e due piastre di dimensioni diverse che funzionavano con una bombola di gas, e appena sopra una cappa in vetro con una lampadina al centro. A fianco, l'immortale lavatrice Zoppas. A destra, il frigorifero General Electric e il lavello di ceramica, che sotto nascondeva detersivi e prodotti per la pulizia dietro un telo che scorreva su un fil di ferro... Al centro un tavolino e 4 sedie. Il mobilio era in legno e acciaio, ricoperto di lucida formica rosa, tipica del periodo. Non c'era nulla in più... L'ingresso, inizialmente, era praticamente vuoto. C'era solo un attaccapanni in legno e una stufa a kerosene, poi sostituita da una che veniva alimentata da una bombola di gas. Siccome mia nonna viveva con noi, io non avevo una cameretta. Alcuni suoi mobili erano stati messi nella stanza che nel progetto di casa sarebbe dovuta essere la sala. C'erano un enorme mobile con letto a ribalta, due armadi, uno per i vestiti e l'altro dove mia nonna teneva le sue cose, una grossa cassettiera con specchio, un letto e un piccolo comodino. C'erano poi quattro sedie in legno, tenute ai lati della stanza. Qui, io giocavo... Al centro della stanza non c'era nulla e io stavo sempre lì, a creare i miei mondi... Una delle altre camere era stata adibita a tinello... C'erano la grossa TV Crosley in Bianco e nero, un tavolo e 4 sedie in formica marrone striato (la formica era dovunque all'epoca...) il mobile che nascondeva la macchina da cucire di mia madre, e un altro mobile componibile, stavolta in formica color crema con rifiniture marroni. In fondo, la camera da letto dei miei dove ho dormito anch'io, se non sbaglio fino a 12 anni... Era composta da un armadio, un comò con specchio e il letto matrimoniale dei miei, con a fianco il mio lettino, più un paio di piccole poltroncine da camera. Il piccolo bagno aveva una grossa vasca da bagno, forse anche troppo grossa per le dimensioni del bagno, un water, un bidet e un lavandino in ceramica bianca... Le mattonelle che ricoprivano la stanza erano di un celeste pallido. Le porte erano di legno dipinto di bianco e avevano una strana maniglia circolare con un pulsante al centro che serviva ad aprirle... Le finestre erano inizialmente anch'esse in legno bianco e con un vetro singolo, oggi sarebbe impensabile averle così. Non avevamo niente di quello che abbiamo oggi all'epoca, ma io insisto che forse era meglio così... Meno tecnologia e comodità, ma più umanità, io non avevo la sensazione che mi mancasse qualcosa. Ricordo che quando volevo starmene per conto mio (un po' difficile non avendo una cameretta), mi infilavo nello spazio tra la cassettiera e l'armadio di mia nonna e lo chiudevo con la valigetta gialla che conteneva i miei lego... Da bambino, avevo come la sensazione di essere in una zona protetta, tutta mia... una specie di nascondiglio che in realtà non nascondeva nulla a nessuno, se non nella mia fantasia, ma mi stava bene così. Sapete, avevo ancora mio papà e mia nonna, ed ero felice...
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Quando ero piccolo e vivevo a casa con i miei, il riscaldamento durante la stagione invernale era carico di una stufa a gas... Mi ricordo che stava al centro dell'ingresso di casa, da dove poteva diffondere il calore in tutte le altre stanze. La casa non era enorme, circa 75 mq, e la stufa faceva egregiamente il suo dovere... Quello che ricordo con più piacere, però, è che attorno a quella stufa spesso c'era conversazione con i vicini, che volentieri venivano invitati a prendere un caffè e a fare quattro chiacchiere nei freddi pomeriggi invernali... Avevamo di meno, senza dubbio... niente cellulari, niente internet o smart tv, ma avevamo il calore umano, che al giorno d'oggi si sta perdendo sempre di più in nome di una tecnologia spesso inutile e aggressiva...
Ho sempre amato il caldo intenso. Mi ricorda la sensazione di libertà che si provava alla fine dell'anno scolastico, l'ultima uscita dalla scuola, con le cartelle ormai semivuote visto che le lezioni erano diventate più leggere già da qualche giorno. Mi ricorda le mie giornate spensierate, i giochi con mio cugino che nonostante la temperatura alta facevamo spesso chiusi in casa, visto che non siamo mai stati ragazzini da cortile. Mi ricorda quando entravo in auto, quel colpo di caldo terribile che ti arrivava in faccia perché era stata parcheggiata sotto il sole cocente e non esisteva il condizionatore che potesse raffreddarla velocemente. Mi ricorda quanto fosse difficile star seduti sui sedili posteriori, resi roventi dal sole, in pantaloncini corti e la sensazione di ustionarti da un momento all'altro. Mi ricorda la città semideserta, nelle ore più calde, che guardavo dal finestrino della macchina di papà mentre ci accingevamo ad andare a trovare mio zio... Mi ricorda i pranzi domenicali nel chiosco della casa di campagna dei nonni di mio cugino, le corse folli (con quella temperatura!) che facevamo nel prato dietro quella casa, assolutamente insensibili al sudore e alla stanchezza, che veniva a chiedere poi il conto quando era il momento di rientrare a casa. Continuo ad amare il caldo asfissiante, perché a volte apre la porta a questi ricordi d'infanzia e li lascia passare con discrezione...
Una foto apparentemente insignificante, come tante. Una strada, un ponte con le ringhiere rosse, più per l'ossido che per la vernice, sembra quasi una di quelle foto che uno scatta a caso solo per provare una nuova macchina fotografica. Tuttavia, quello che per qualcuno non è nulla, per altri può avere un enorme valore, ed è così per me. Questa foto ritrae il ponte da dove, da bambini, si scendeva al "laghetto" di cui altre volte ho parlato in questo blog. All'epoca non si poteva scendere giù con le macchine, perché la stradina sterrata poco più avanti era chiusa da una barra metallica... Allora, le auto venivano lasciate accostate proprio su quel ponte, ad oggi dall'aspetto ancora identico a 40 anni fa, si facevano un paio di viaggi per portare giù quanto necessario alle nostre domeniche fuori porta: il frigo portatile, i tavolini da picnic, il borraccione della GioStyle per l'acqua, il fornelletto a gas, le sdraio... e per i nostri papà l'immancabile attrezzatura da pesca. Per quanto riguarda noi bambini, il necessario era composto da Big Jim 004, il Grande Mazinga, barchette giocattolo e il più delle volte sassi, bastoni, qualche lattina e tanta, tanta fantasia... Il tempo trascorreva così, non pensavamo a niente se non a goderci ogni singolo attimo di quelle giornate fino a sera, sapendo che dopo una settimana, saremmo tornati... Quelli come noi, sapevano volare anche stando seduti su una sedia...
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Dicembre 2019
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